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L'Immersione Subacquea - Apnea
- Fisiopatologia dell'Apnea
(Prof. Mauro Ficini - Prato)
Per apnea si intende il volontario arresto della respirazione generalmente
effettuato al termine di una profonda inspirazione.
Questa metodica rappresenta l'elemento base di una successiva attività
subacquea. Normalmente il sub, al termine di una serie di atti respiratori
ravvicinati e particolarmente rivolti alla fase espiratoria, compie una profonda inspirazione e s'immerge.
Ad una certa profondità in diretto rapporto con la legge di
Boyle e Mariotte (PxV=costante), cioè il volume di un gas è
inversamente proporzionale alla pressione su di esso esercitata, si
verrà a creare una particolare situazione per cui la diminuzione
del volume toracico porrà l'organismo in situazione meccanica
di falsa espirazione. Verranno così ad annullarsi i più
importanti degli stimoli che condizionano la respirazione e cioè
quelli che nascono dagli stessi movimenti della gabbia toracica. Infatti
immediatamente dopo una inspirazione dalla distensione della gabbia
toracica, dalla rotazione dei muscoli intercostali, partono stimoli
che condizionano l'espirazione; a sua volta dall'acquattamento della
gabbia toracica, dal restringimento degli spazi intercostali, partono
altri stimoli che inducono alla inspirazione.
Per una migliore comprensione dei fenomeni successivi che porteranno
talvolta alla sincope, vogliamo ribadire il concetto che questi stimoli
"meccanici" sono i principali ed i più immediati che condizionano
i due movimenti della respirazione. Inoltre, poiché alla diminuzione
del volume polmonare corrisponde un aumento della pressione parziale
dell'ossigeno contenuto nella miscela alveolare, l'ossigeno passerà
con estrema facilità dagli alveoli polmonari al sangue.
Ricordiamo infine che il depauperamento del CO2 ottenuto dal subacqueo
con l'iperventilazione porterà all'insufficienza di un altro
stimolo ai centri respiratori. Ne consegue che sott'acqua, in questa
prima fase, il subacqueo si troverà in una condizione ottimale,
non sentirà alcun bisogno di respirare perchè avrà
a disposizione ossigeno più che sufficiente, mancherà
lo stimolo alla espirazione condizionato dall'eccesso di CO2, e mancherà
anche lo stimolo meccanico alla espirazione. Tutto questo spiega come
il subacqueo, almeno nel primo minuto dell'apnea, dichiari unanimamente
di sentirsi meglio che in superficie.
Poiché chiaramente, il fattore aumento di pressione, riduzione
del volume aereo toracico con aumento della pressione parziale dell'ossigeno
rappresenta la condizione base di questa sensazione di benessere,
vediamo entro quali limiti di profondità il fenomeno possa
verificarsi. Vogliamo cioè dire che basta molto poco in termini
di metri di profondità perchè si ottenga la condizione
sopra descritta: cioè già a due metri dalla superficie
il volume toracico sarà ridotto di un quinto e la pressione
dell'ossigeno aumentata dello stesso valore.
Concludendo, identica sensazione di benessere la avvertirà il
subacqueo in mare a profondità di 10, 15 metri, ma la avvertirà
anche l'apneista che si allena in piscina a profondità di due
metri.
Con il passare dei secondi, peraltro, si produrrà una certa
quantità di CO2, che non potrà essere eliminata non
solo per l'apnea in corso, ma anche perché l'aumento di quella
piccola quantità contenuta nell'aria residua polmonare farà
sì che la stessa CO2 inverta il suo normale flusso e, invece
di passare dal sangue agli alveoli polmonari, ristagni nel sangue.
L'accumulo di CO2 rappresenta lo stimolo più forte per il
centro respiratorio situato nella zona bulbare dell'encefalo e deputato
alla espirazione. Pertanto dopo un certo periodo di tempo che normalmente
supera i 60 secondi, il subacqueo avverte un bisogno impellente di
espirare, che generalmente si traduce in una contrazione diaframmatica
avvertita come una sensazione di urto alla base toracica.
Questo fenomeno è definito con il termine "punto di rottura
del CO2". La sensazione descritta può essere vinta con un atto
di volontà (del tutto sbagliato), e il subacqueo in pochissimi
secondi (3-5), riacquista la sensazione di benessere sopradescritta.
Ma con il passare dei secondi aumenta il consumo dell'ossigeno - in
genere se ne brucia intorno ad un litro al minuto (cc. 1000) - che in
rapporto diretto con l'aumentata pressione, che ha acquistato alla
profondità in cui si trova il nostro subacqueo, continua a
passare dagli alveoli polmonari al sangue, anche quando la sua quantità
assoluta nel polmone è molto ridotta, a un livello tale
che in superficie non sarebbe sufficiente a garantire una normale
ematosi.
A un certo momento inizia la risalita, e a questo punto cominciano
i guai. Infatti, diminuendo man mano che ci si avvicina alla superficie
la pressione parziale dell'ossigeno, questo non riesce più
a passare dagli alveoli al sangue. Questo particolare momento è
definito come "punto di rottura dell'ossigeno".
La condizione di ipossia o anossia che abbiamo descritta e che è
tipica del subacqueo che compia la risalita da una certa profondità
(almeno 10 metri) non è peraltro l'unica situazione che conduce
all'anossia. Infatti una permanenza troppo lunga effettuata dopo aver
vinto volontariamente il punto di rottura del CO2, conduce allo stesso
fenomeno anossico anche in superficie e pertanto prescindendo dalla
profondità. Il cervello non tollera però l'anossia e
risponde alla deficienza d'ossigeno con un'immediata perdita di coscienza.
Si definisce infatti con il termine "sincope anossica" l'improvvisa
perdita di coscienza e l'arresto respiratorio che si ha nel subacqueo
in seguito ad una apnea troppo prolungata, oppure a qualsiasi altro
fenomeno che porti ad un più rapido consumo di ossigeno (emozione,
stress, eccessivo freddo, ecc.).
Con il termine "sincope degli ultimi metri" si intende sempre
la carenza d'ossigeno che si verifica in risalita con le sequenze
sopra descritte.
La "sincope anossica" è senz'altro il rischio più
grave di ogni attività subacquea esercitata in apnea, quella
che è responsabile della grandissima maggioranza degli incidenti
letali.
Saranno poi i rapporti temporali fra il punto di rottura del CO2 e
quello dell'O2 che condizioneranno l'ulteriore evoluzione dell'episodio
sincopale e soprattutto la sua definizione in "secca od umida",
cioè se la rottura del CO2 precede quella dell'O2, come è
la norma nel subacqueo, la sincope sarà secca e non si troverà
acqua nei polmoni; quando invece la rottura dell'O2 precederà
quella del CO2, come è il caso dell'emozione, della paura,
dello stesso annegamento, si avrà una forzatura espiratoria
dello spasmo della glottide a cui farà seguito l'ingresso di
liquido nell'albero respiratorio ("sincope umida").
Vogliamo anche sottolineare il fatto che nella prima fase della sincope
anossica non si ha mai interessamento cardiocircolatorio: il cuore
continua a battere nonostante l'arresto respiratorio ed un minimo
di circolazione viene mantenuta efficiente. Tutto questo ha una durata
variabile che in limiti di tempo può misurarsi in 6-8 minuti,
e con ogni probabilità l'attività cardiaca non cessa
bruscamente ma va incontro a fenomeni di progressivo deterioramento.
Ma una volta che il cuore ha cessato di battere vi è un ulteriore
intervallo di tempo, misurabile in un massimo di 4-6 minuti perchè
il danno ischemico subito dal tessuto nervoso centrale diventi irreversibile.
La drammatica evenienza della sincope anossica, delle sue sequele
troppo spesso mortali, consigliano ed impongono la tematica di un
immediato pronto soccorso e della rianimazione.
Nell'apnea il nostro organismo va incontro a tutta una serie di modificazioni
che tendono a far sopportare più a lungo possibile le modificazioni
del ricambio gassoso. Così si ha una progressiva bradicardia
(rallentamento dei battiti del cuore) una vasocostrizione delle arterie
muscolari, una centralizzazione della circolazione ed un richiamo
di sangue endotoracico (fenomeno del "blood-schift") che ha lo
scopo di sostituire l'aria, comprimibile, con un liquido, praticamente
incomprimibile, per compensare l'aumento della pressione idrodinamica
(così come si verifica nei mammiferi marini).
Sempre a proposito dell'apnea e della sua intrinseca pericolosità
vogliamo anche accennare ad una manovra che tutti i subacquei fanno
e che invece dovrebbero. se non dimenticarsi, almeno estremamente
limitare.
Vogliamo cioè sostenere che l'iperventilazione prima dell'immersione
è sconsigliabile; nel senso che privando il nostro organismo
di una grossa quantità di CO2, oltre favorire l'ipossia dei
tessuti, avvicina in modo estremamente pericoloso il punto di rottura
del CO2 e quello dell'O2, tanto che i due tempi possono sovrapporsi
con il risultato finale di ridurre marcatamente quella manciata di
secondi che serve al subacqueo, una volta avvertita la prima contrazione
diaframmatica, a risalire.
Con l'iperventilazione, in definitiva, si elimina un campanello d'allarme
che ha lo scopo di diminuire il rischio dell'apnea ed è per
questo che consigliamo tutti gli amici subacquei a limitarla ad un
massimo di 2-5 espirazioni.
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